lunedì, novembre 13, 2006

Studio su Medea


Capita, nella vita, che certe circostanze si incrocino e diano vita a qualcosa di straordinario e unico.
Capita di avere come amico uno dei più grandi drammaturghi contemporanei.
Capita che questo amico lavori con uno dei più interessanti registi contemporanei, dando vita ad un magico sodalizio professionale ed artistico.
Capita, nella vita, di trovarsi a studiare a Milano.
Capita che proprio a Milano, al teatro Out Off, venga messo in scena lo “Studio su Medea”, rivisitazione di Antonio Latella e Federico Bellini della tragedia greca di Euripide.
Capita di sentire “dentro” una sensazione strana, una curiosità, che mi porta al teatro, sfidando il mal di testa e la stanchezza, postumi di una nottata travagliata passata in giro per la Lombardia.

Il tutto inizia alle 17:00.
Lo spettacolo è diviso in tre parti, intervallate da due pause di circa tre quarti d’ora.
Il primo capitolo è “Medea e Giasone”; la scena iniziale ci presenta i due, novelli sposi, che avanzano sulle note di una marcia nuziale distorta ed elettrica, premonizione di tragedia ed angoscia.
I due sono completamente nudi, Medea trascina Giasone, aggrappata al suo pene...o cazzo…che dir si voglia…
Segue un continuo, ma sempre meno sentimentale, unirsi di corpi, di baci e carezze.
La scena è composta dallo scheletro di un letto matrimoniale che viene smontato e rimontato dai due e che assume sempre più le sembianze di una prigione nella quale la vita e il sesso di Medea vengono consumati.
Nascono i figli.
Il secondo capitolo, (“Medea e figli”), vede l’ingresso in scena dei due pargoli, accuditi e allattati dalla madre; li annusa, li lecca…una cagna, una leonessa…una madre.
Il padre li vuole soldati, atletici e sportivi, pare un padre di oggi che vuole il figlio calciatore a tutti costi; Medea, sottratta alla sua vita di splendida donna, vede ora il mondo che si prende l’innocenza dei figli.
A questo punto la tragedia raggiunge il suo culmine: la madre sacrifica i propri figli, carne della sua carne, partoriti da un corpo violentato e distrutto.
Il terzo capitolo, (“Medea Dea”), vede l’apoteosi di Medea, donna alla quale la vita e gli dei si sono presi tutto; si innalza verso il cielo chiusa in un bozzolo, come fosse una crisalide.
Diventa Dea.
ME- DEA ME- DEA ME- DEA.
Sulla terra un’infinità di bambini morti…tutti uguali…Giasone riappare, sotto forma di pagliaccio militare, li raccoglie e li getta, come spazzatura.

Capita, nella vita, di aver assistito a qualcosa di potente e straordinario.
Le mie parole sicuramente non rendo onore adeguatamente a questa maratona teatrale iniziata alla cinque e finita alle dieci di sera, ma che col tempo non ha nulla a che fare data la sua continua attualità.
Un consiglio è sicuramente di andare a vedere, a costo di percorrere molti chilometri.

MEDEA E’ LA MADRE CHE TUTTI AVREMMO DOVUTO AVERE.

1 commento:

La Fata Carabina ha detto...

Non vi é dubbio,il binomio bellini-latella é qualcosa di magico ed indescrivibile,capace di avvicinare al teatro anche i neofiti più scettici.Si entra a teatro e se ne esce sempre un pç cambiati,é questo il maggior dono dei due e degli artisti che con loro collaborano,ti portano a riflettere,esplori insieme a loro mondi sconosciuti per poi accorgerti che sono parte integante anche di te. Siamo tutti un pç Giasone e Medea al contempo,come siamo all'occorenza inquisitori e filosofi... ma le parole non bastano,l'unico modo per Rendersene conto é quello di assistere ad uno spettacolo messo in scena dai due.

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