venerdì, dicembre 30, 2005


JOE STRUMMER:FROM HERE TO ETERNITY
RICORDO DI JOE STRUMMER 21/8/1952 - 22/12/2002



“Il principe del ghetto dei poeti di strada
fu cacciato dalla stanza
dalle guardie del corpo della bramosia
per aver disturbato la tomba
Le sue parole, come lanciatori di fiamme infuocate
Facevano ardere il ghetto nei loro cuori
La sua faccia era stata resa più pallida
e lo si era lasciato riposare”

da GHETTO DEFENDANT
di Allen Ginsberg e Clash, 1982


“In questi giorni il beat è militante
devi essere un Clash, non hai alternativa”

da Kingstone Advice, Clash 1980


"I Clash sono stati una voce forte.
Se hanno cambiato la vita
anche di una sola persona,
hanno raggiunto il loro scopo"

Joe Strummer


"Il popolo di Seattle? Mi ricorda noi vecchi punk"

Joe Strummer 2001

1 commento:

La Fata Carabina ha detto...

" THE JOE I KNEW" di BILLY BRAGG

I Clash sono stati la più ribelle rock'n'roll band di tutti i tempi.

Il loro impegno nel politicizzare la cultura pop è stato un marchio determinante nel movimento punk britannico.
Essi erano anche auto-mitologici, una ossessionante massa di stili in contraddizione. Per questo si chiamarono The Clash.
Essi vollero disperatamente diventare delle rockstar ma vollero anche essere differenti.
Mentre Paul Simonon faceva brillare i suoi "gloriosi zigomi" e Mick Jones diventava la figura del "guitar-hero", nessuno combattè in modo più coraggioso contro il "gap" che divide il mito dalla realtà, diventando il portavoce di una generazione, come fece Joe Strummer.
Tutti i musicisti cominciano a suonare per ideali ma in seguito li lasciano fuori in attesa del giudizio dei media. E' più difficile invece far sopravvivere gli ideali nei propri fans.
Joe ha aperto la porta del teatro e ci ha fatto entrare, ci ha introdotto furtivamente nel retro dell'hotel per una birra, egli stesso credeva nel potere "positivo" del rock'n'roll. E se non ha cambiato il mondo ha cambiato la nostra percezione di esso. Egli attraversò il dinamismo del punk e cominciò a costruire il punky-reggae party.
Ci ha trascinato, a migliaia, nelle strade di Londra a manifestare a favore del "Rock Against Racism".
Ci ha mandati nei garage per avviare il motore delle nostre chitarre elettriche. Mi ha fatto tagliare i capelli. Gli ideali che mi hanno motivato a diventare un musicista non vengono dal punk, neanche dai Clash, ma da Joe Strummer.
La prima ondata di punk bands avevano un'attitudine alquanto ambivalente verso la politica nei tardi anni '70 in Inghilterra.
I Sex Pistols, i Damned, gli Stranglers, nessuno di loro, neanche i Jam, si avvicinarono al radicalismo che ha preso forma da quello che i Clash hanno detto e fatto.
La prima scena punk degli Stati Uniti non era anch'essa molto impegnata. I Ramones, Talking Heads, Heartbreakers e Blondie, mancavano tutti di impegno politico.
Se non fosse stato per i Clash, il punk sarebbe stato solo dileggio. Invece le liriche incendiarie dei Clash hanno ispirato 1.000 e più band su entrambe le sponde dell'Atlantico ad uscire fuori e sfidare le vecchie generazioni. E la persona alla quale facevano riferimento era Joe Strummer.
Egli fu "the white man in hammersmith palais" che influenzò il movimento della Two Tone (quella di Dammers degli Specials n.d.r.). Ispirò veramente anche i Manic Street Preachers.
E lui non ha mai perso il nostro rispetto. I suoi recenti album con i Mescaleros ci hanno fatto ritrovare Joe ancora una volta ispirato, capace di mixare e fondere stili e ritmi in onore di una società multirazziale.
Al suo concerto finale, a Londra in novembre, Mick Jones salì sul palco con lui per suonare alcuni vecchi pezzi dei Clash. Si trattava di un concerto benefico a favore della lotta dei sindacati dei vigili del fuoco inglesi.
Una delle cose più difficili da fare nel rock'n'roll è quella di vivere nello stesso modo in cui si parla. Joe Strummer ha riassunto questo ideale e, anche per questo, mi mancherà moltissimo.

BBC News 23/12/2002

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"ABBIAMO SERVITO LO STESSO ESERCITO"
Paul Weller parla dei Clash e della loro presunta
rivalità con i Jam

La prima volta che vidi i Clash fu al Punk Festival del 100 Club, dove si esibivano ancora in cinque, e li trovai fottutamente grandi.
L'energia, certamente, più il fatto che le loro canzoni duravano tutte all'incirca sui due minuti o poco più. Quel particolare look, con i vestiti imbrattati di vernice e tutto il resto.
Erano assolutamente una grande influenza a quel tempo.
Ricordo la loro prima intervista a Sniffin'Glue, dove Joe e Mick parlavano di bands che volevano scrivere canzoni attinenti al presente e portare la politica nella musica. Erano argomenti di cui nessuno aveva mai parlato o scritto fino ad allora, perlomeno nessuno della mia generazione.
I miei riferimenti più prossimi erano Pete Townshend o Ray Davies, quindi tutto ciò ebbe un impatto decisivo su di me.
Ma le ultime due volte che li vidi, pensai che fossero diventati una rock band di cliché, l'antitesi di ogni cosa si presupponeva rappresentassero. Non sto cercando di screditarli, ma la cosa mi scoraggiò, come alcune foto dell'ultimo periodo e il loro aspetto dopo essere stati negli States. Preferivo di gran lunga il loro look "londinese" degli esordi.
La competizione tra Clash e Jam, io comunque non l'avvertivo. Tenemmo un paio di concerti per il White Riot Tour e poi ci ritirammo, ma non a causa di rivalità varie, bensì perché non ci pagavano abbastanza e non potevamo mai effettuare il soundcheck.
Comunque Joe mi è sempre piaciuto. Ricordo di aver bazzicato il suo squat nei pressi di Regent's Park. Era un posto orribile, ma di particolare aveva questo grosso pesce sul muro, verniciato a spray. Mi ricordo solo di essermi accampato là una notte, stando sveglio e fumando un sacco di erba con lui.
L'unica volta che si può dire ci sia stata un'incomprensione fra di noi, fu dopo la nostra intervista al N.M.E. dove dichiarammo di voler votare i conservatori alle imminenti elezioni. I Clash non gradirono molto. Beh, molte persone non gradirono, in effetti (risate).
Joe ci inviò un telegramma, dopo l'avvento dei Tories al potere, che grosso modo diceva: "Maggie Thatcher vi aspetta per la messa a punto degli obiettivi la prossima settimana". Ma questo non ha mai inciso in modo negativo sui nostri rapporti a venire.
Per me Joe era un vero gentiluomo, un vero gentiluomo inglese. L'ultima volta che l'ho visto è stata la scorsa estate. Eravamo nello stesso programma al festival di Manchester. L'ho visto in ottima forma.
Ma come potevamo essere rivali? Abbiamo sempre seguito gli stessi percorsi. Era come servire lo stesso esercito, allo stesso momento

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"Zio Strummer"
Il ricordo di Manu Chao

"Il mio primo incontro con Joe Strummer è avvenuto nel sogno di una donna giapponese. Lo so che sembra incredibile, ma è una storia vera. Tutto ebbe inizio ai tempi della Mano Negra, quando la Virgin mandò il nostro materiale a tutte le sue filiali del mondo e dal Giappone risposero che era difficile, quasi impossibile, pensare di pubblicare il disco di un gruppo francese. Ma chiesero ugualmente di essere invitati a vederci suonare dal vivo. Così una sera, a Orléans, alla fine del nostro concerto si presentò una donna simpatica e distinta: Miko, presidente della Virgin giapponese, che ci fece i complimenti per lo show, rimanendo per un po' a parlare con noi.

"Qualche tempo dopo, l'album della Mano Negra venne effettivamente pubblicato in Giappone e ci venne offerta la possibilità di andare a fare qualche concerto laggiù. Un autentico evento per noi, che a Tokyo incontrammo di nuovo Miko. Una sera uscimmo a cena con lei e le chiedemmo cosa ci fosse dietro il nostro piccolo e inaspettato successo nel suo paese.Lei rispose che aveva lavorato notte e giorno per riuscire a ottenere quel risultato e quando la interrogammo su quale fosse il motivo di tanto entusiasmo sai cosa ci disse? Quella notte a Orléans, dopo il nostro concerto, le era apparso in sogno Joe Strummer raccomandandole di fare tutto ciò che poteva per noi, perché pensava che fossimo un gran bel gruppo... Una storia incredibile, come del resto tutta la vicenda di Miko, che era stata una grandissima fan dei Clash, al punto di seguirli ovunque, dopo averli visti la prima volta in concerto in Giappone. Abbandonò il suo paese e si trasferì in Inghilterra, andando in tour con loro in tutto il mondo, ma soprattutto diventò amica di Strummer. Quando la band si sciolse, anni dopo, lei fece un'altra scelta radicale di vita e tornò a casa. I giapponesi sono fatti così: a noi possono sembrare drammatiche queste decisioni di cambiare vita con tanta determinazione, ma per loro è naturale. Insomma, Miko iniziò a lavorare nella discografia, fino a diventare presidente della Virgin giapponese. Il resto è la storia che ti ho raccontato, con il nostro disco che arriva dalla Francia, il viaggio a Orléans per vederci suonare, Strummer che le appare in sogno quella stessa notte. Per noi, gia entusiasti di tutto quello che aveva fatto, sapere che fosse 'in missione per conto di Joe' fu una cosa speciale e preziosa.

"Credo che i Clash siano stati fondamentali per la musica di questi ultimi vent'anni, hanno avuto un'influenza enorme sulla Mano Negra. Soprattutto per il loro modo di concepire la musica e nel modo di rapportarsi al business, senza sputtanarsi. La mia carriera musicale in fondo non è poi così distante dalla loro storia: i Clash firmarono e lavorarono per una multinazionale, ma riuscirono a continuare a meritarsi il rispetto della gente per le loro scelte: hanno dimostrato che è possibile per una band, ottenere un grande successo e mantenere la propria integrità. Poi la loro era un'alchimia speciale: Jones e Strummer erano così diversi eppure insieme riuscirono a fare grandi cose. In qualche modo si può dire lo stesso della Mano Negra: c'erano molte differenze tra noi, ma l'alchimia c'era e funzionava.

Quando le cose stanno così scatta qualcosa di speciale che però non può andare avanti in eterno, sono i cicli della vita. Valgono per i Clash come per la Mano Negra, nelle coppie oppure tra amici. Quando è finita, è finita. Ma i Clash sono stati davvero una rivelazione quando li vidi suonare per la prima volta, credo fosse il 1980 e posso dire che Strummer è stato il mio maestro. Ricordo ancora la prima volta in cui mi capitò di incontrarlo di persona, al Festival di Nancy: erano i primi tempi della Mano Negra e ci fu offerta la possibilità di aprire il concerto di una delle ultime formazioni con cui giravano i Clash. Un'emozione speciale per noi: fin dal nostro arrivo, nel pomeriggio, ci guardavamo intorno continuamente sperando di incontrare Strummer. Durante le prove, mi sono girato e l'ho visto: Joe era salito sul palco e si era messo a suonare le percussioni insieme a Garbancito! Finito il sound check iniziammo a fargli mille domande, ricordo ancora la gentilezza con cui rispondeva a tutti. Gli chiedemmo di cantare con noi I Fought the Law, che a quel tempo era un pezzo forte del nostro repertorio, ma ci spiegò che non gli piaceva salire sul palco prima del suo concerto. Insomma quando toccò a noi fu un grande show, ma alla fine la nostra preoccupazione era soprattutto quella di trovare un posto per vedere da vicino Joe e gli altri in azione.

Manco il tempo di uscire dal camerino e il loro manager ci fermò, dicendoci che non avremmo potuto stare nè sopra, nè dietro al palco. Non ci fu nemmeno il tempo per incazzarci: il concerto stava per iniziare e ci precipitammo a vederlo in mezzo al pubblico. Ma dopo un po', quando Strummer cominciò I Fought the Law fu come se ci avessero dato un segnale: Daniel, il trombonista della Mano Negra e io ci lanciammo verso il palco e riuscimmo a salire. Non ci pensai due volte, presi il microfono e iniziai a cantare, ma dopo poche decine di secondi arrivarono quelli della security a sbatterci giù. Senza tanti complimenti. Alla fine della serata ci ritrovammo nel nostro camerino a scambiarci impressioni e commenti, quando all'improvviso si presentò Strummer, che voleva complimentarsi per la nostra esibizione e scusarsi per l'intervento del servizio d'ordine. Qualcuno di noi gli rispose con una battuta: Dear Joe, tonite we fought the law, and the law was...you!. Lui ci fissò per un momento, poi iniziò a sbattere platealmente la testa contro la porta del camerino e ridendo ci disse: 'Ok ragazzi, avete ragione, per scusarmi ancora vi chiedo di aprire anche il nostro concerto di domani, a Parigi'. Non ci volevamo credere: avremmo suonato prima dei Clash all'Elisèe Montmartre.Davanti alla nostra gente! Quella fu una serata indimenticabile: Strummer ci dedicò I Fought the Law, questa volta invitandoci sul palco e senza security.

Da allora c'è sempre stata una relazione speciale con lui. Ogni volta che suonavamo a Londra arrivava qualcuno a portarci i saluti di Joe, perfino Mick Jones si mostrò gentile con noi, forse per effetto di quella predilezione nei nostri confronti dimostrata da Strummer. L'ultima volta che ho incontrato Joe è stato nell'estate del 2002 al Fuji Rock, il festival più importante del Giappone. Lui era lì, ma non suonava: campeggiava insieme a un gruppo di ragazzi inglesi. Stavano nelle tende in un angolo del parco, vicino al fiume da dove prendevano l'acqua perché bagni a disposizione non ne avevano. Una cosa tosta, all'inglese insomma. E pensare che uno come Strummer avrebbe potuto starsene al bar di qualche hotel sorseggiando un Martini. Invece no, aveva questo progetto di gestione dello spazio ecologico all'interno del campeggio, dove organizzava feste e spettacoli ogni notte, appena finivano i concerti sui palchi principali. Così, scesi dal palco con gli altri di Radio Bemba siamo andati lì a bere e a suonare: alla nostra maniera, B-Roy e Madjid in prima fila, come al solito. Si stava bene e abbiamo praticamente trascorso il resto di quella notte in quel posto. E' stata l'occasione per scoprire altre somiglianze tra me e Strummer: c'era molta gente in quello spettacolo sgangherato: giocolieri, mangiafuoco, anche dei tipi che si esibivano sulle moto.

Una specie di circo, insomma. Potevi vedere la soddisfazione di Joe nei suoi occhi attenti a verificare che tutto funzionasse: sceglieva la musica, andava in giro a seguire ogni cosa, era evidente la passione con cui stava dietro le quinte, lasciando che gli altri fossero protagonisti. Questa storia lo coinvolgeva tantissimo, al punto che non aveva avuto il tempo di venire a vedere il nostro concerto. Vedi, quel campeggio era una storia super-indipendente, ma il fatto che lui fosse lì a dedicare tempo ed energie per far star bene gli altri mi ha mostrato un altro aspetto del suo personaggio. L'ho amato e apprezzato ancora di più, se possibile. Quando ero un adolescente Strummer mi ha dato la voce per cantare ed è stato un modello importante per iniziare a far musica. Quella notte al Fuji Rock ho pensato che anch'io un giorno mi potrò dedicare a qualcosa del genere, quando magari non andrò più in giro a suonare su un palco. E ancora una volta, ho imparato qualcosa da lui... Grazie Joe."

dal libro di MARCO MATHIEU "IN VIAGGIO CON MANU CHAO" (Feltrinelli 2003)

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JOE STRUMMER, GUERRIGLIERO DEL PUNK

L'ex chitarrista dei Clash è morto a 50 anni stroncato da un infarto. Conduceva una vita ritirata, ma dalla nascita dei Mescaleros, il suo ultimo gruppo, gli impegni erano aumentati a dismisura. Nel 1977 rappresentò l'ala più politicizzata del rock inglese

FRANCESCO ADINOLFI
da IL MANIFESTO del 24/12/2002

Questa no, questa nessuno se la sarebbe aspettata. E poi da lui, Joe Strummer, quello dei Clash, un tempo la «furia guerrigliera del punk» e da qualche anno, il rocker meditabondo, pacato, quello che si era ritirato in campagna, a Broomfield, nel Somerset, e che amava arrendersi alla lettura. «A quei libri che parlano di cose vere, perché almeno in Inghilterra l'immaginazione è morta», aveva raccontato a chi scrive in un'intervista all'alba del 2000. E invece Joe Strummer, vero nome John Mellor, se ne è andato ieri, lunedì, a 50 anni, stroncato da un infarto, a casa sua. Aveva tre figlie. Si era appena reinventato un futuro con i Mescaleros, la sua nuova band, di cui era quasi pronto il terzo disco. Un gruppo divertente, ma con poco appeal; del resto nulla poteva competere con il passato di Joe Strummer; niente era come i Clash, niente era come quel primo album omonimo, The Clash, arrivato nei negozi il 5 aprile 1977. Niente suonava come Career Opportunities, Tommy Gun o London Calling.

Sul palco

Sul palco Joe Strummer era un nemico pubblico; un'onda di sudore, una voce arrembante e sferragliante, rauca, magnetica. Chi li ho ha visto dal vivo non può scordarselo. Era l'opposto di Johnny Rotten (Sex Pistols), era la furia eterna, con quella chitarra brandita come fosse un prolungamento del suo braccio; da un momento all'altro ti aspettavi che lui e la chitarra si spezzassero in due. O che due persone col camice bianco corressero a rianimarlo. Eppure, già nel `77, finiti gli show, Strummer tornava quello di tre anni fa, delle tre figlie e della campagna inglese. Il meno visibile, quasi si divertisse a staccare di proposito la spina della rivoluzione per rinfiammarsi all'evento successivo; al contrario Mick Jones, l'altro chitarrista, il fondatore dei Clash, era sempre il più ciarliero. Strummer aveva una malinconia rabbiosa che lo accompagnava ovunque, un senso della disfatta che presagiva la fine del punk inglese, del `77 e anche la sua. Del resto lui, i Clash, i Sex Pistols, i Damned, i Jam, gli Adverts e tutti gli altri non ce l'avrebbero mai potuta fare.
A parte Billy Idol (Generation X) e qualche «alto e basso» di Paul Weller (Jam, Style Council) nessuno «di quelli» si è mai davvero mosso dal `77. Nessuno ha mai flirtato con il mercato, con le classifiche. Non sarebbe mai stato possibile. Tutti, proprio tutti, si sono consumati in una splendida, inevitabile, implosione. Troppo estrema la partenza, troppo devastante la caduta. E nonostante il rock Usa, oggi più che mai, insegua quel punk londinese, lo cloni, lo omaggi e lo porti in classifica; 25 anni dopo, confermando come anche Sex Pistols e Clash avessero innato quel senso del pop che al tempo nessuno di noi aveva capito o voleva capire.

Onnivoro

Joe Strummer aveva un approccio onnivoro alla musica; e questo più di ogni altro della sua generazione. Era nato a Ankara, Turchia, e già da piccolissimo i genitori lo avevano abituato a viaggiare; dal Cairo a Città del Messico, a Londra. Negli spostamenti aveva assorbito generi e stili musicali e proprio i Clash, con il disco Sandinista, avrebbero sperimentato insolite collusioni tra rock e suoni latini. Ai tempi, nell'80, quell'album sembrò quasi una sbandata o una botta di genio. In realtà per Joe Strummer era tutto normale. Quell'operaismo rockettaro e rivoluzionario che da sempre contraddistingueva i Clash non poteva non guardare ai suoni del sud del mondo, dopo che lo stesso Bob Marley aveva inciso Punky Reggae Party e dopo che a Londra, nel `77, punk e rasta si erano saldati in un movimento dal basso e antagonista senza precedenti. Joe Strummer, che peraltro aveva contribuito a iniettare abbondanti dosi di reggae nei Clash, lo sapeva e non se ne vantava. Mai. Anzi era convinto che, uscendo dal rock, fallisse miseramente, che l'America Latina fosse un mondo sonoro a sé, lontano, mitico. Raccontava: «Non penso di aver mai fatto cose buone; sono canzoni che vengono fuori male, ci sto ancora provando... Sai, penso che la mia musica sembra latina perché è molto sexy. Al contrario, nel rock'n'roll dei ragazzi bianchi c'è soprattutto furia, casino...». Lui no, era sensuale e casinaro. Era arrivato ai Clash su invito di Mick Jones che scorrazzando lungo Portobello Road, con Tony James (Generation X) e Glen Matlock (Sex Pistols), si era imbattuto in Strummer. Gli aveva chiesto di mollare i 101ers, la sua prima band e di cambiare suono. Un cantante così era sprecato nei pub. Strummer aveva annuito. Di lì a poco con i Clash avrebbe rappresentato l'ala politica del punk inglese; se i Sex Pistols puntavano a un nichilismo di massa, al caos realizzato, Strummer e i Clash, immaginavano un «socialismo stradaiolo», dove sussidi di disoccupazione, rapporti di classe subalterni e burocrazia capitalista fossero solo un brutto incubo.

In copertina

Del resto la scritta sulla copertina del primo singolo White Riot/1977 era perentoria:
«Il vero scontro, clash, sociale non è tra vecchi e giovani ma tra governanti e governati». Allo stesso modo il testo di White Riot, brano-emblema dei Clash chiedeva alla classe operaia bianca di ispirarsi alla loro controparte nera e farsi un po' di rivolte bianche per conto proprio. Immenso. Di questo e altro avevo parlato al telefono con Joe Strummer. Dei suoi dischi di reggae, delle capatine improvvise negli autogrill in autostrada per comprare un cd; di come fosse difficile essere inglese. Di come da un anno i Mescaleros lo stessero travolgendo. Forse fatalmente. Tra tour e incessanti session in studio. Ma soprattutto avevamo parlato dei suoi Clash e di come essere punk significasse portarsi appresso in ogni momento della vita una energia totale, irrefrenabile. Anche adesso, mentre da dove si trova sogna di riformare i Clash, e un minuto dopo ci sta già ridendo sopra.

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Il mito tra pogo e rock'n'roll

«Da una parte c'è il mondo della controcultura e dall'altra quello del potere»

Pubblichiamo di seguito stralci dell'intervista a Joe Strummer uscita sullo speciale Alias interview n° 52, del 31 dicembre 1999.

Sarà un millennio punk?

Lo affronterò con la stessa energia di sempre. Perché la cosa più importante del punk è stato il modo in cui ti ponevi nei confronti del mondo, non è mai stato importante né la musica né la moda che lo accompagnava. Era l'atteggiamento che contava. Una forza che mi è servita per capire dove si nascondevano gli stronzi, per farli venire allo scoperto. Io non perdo tempo a girare intorno alle cose con le parole, vado subito al cuore del problema, bum, io ti tiro subito la bomba.

Nonostante i Clash fossero incazzosissimi in realtà avevano un cuore danzerino e sensuale...

Noi ballavamo ma solo ascoltando i pezzi reggae. Andavamo spesso alle feste reggae. Il fatto è che il pogo, la danza dei punk, è un ballo stupido. Sempre su e giù, su e giù. Il reggae è più divertente. Lee Perry, King Tubby, Bob Marley, Max Romeo & The Upsetters sono i miei artisti preferiti. Ascolto molte cose reggae che vanno dal 1965 al 1975.

È stato veramente Sid Vicious ad inventare il pogo?

Assolutamente, giuro che ero presente. I Sex Pistols facevano da supporto a un gruppo che mi sembra si chiamasse Supercharge. Il locale penso che fosse il Lyceum, era strapieno. E quando è toccato ai Sex Pistols ricordo che Sid, che stava almeno 10 persone davanti a me, ha cominciato a saltare per vedere meglio. Lo faceva a tempo, mentre il gruppo suonava. Era l'unico nella sala. Quello fu l'inizio.

Compri ancora dischi?

Sì, ma sono un tipo molto strano. Sono sempre in tour, è il mio stile di vita. Quando il bus si ferma per fare benzina io scendo e comincio a cercare disperatamente tra le cassette. Del resto l'autostrada è il paesaggio che conosco meglio. È lì che trovo i bootleg di Frank Sinatra, compilation di vecchie cose. Sul traghetto sulla Manica mia moglie ha trovato un cd rarissimo: Count Ossie & The Mystical Revelation Of Jah rastafari, una ristampa di un disco del 1965.

Lo sai che sei considerato un mito?

Faccio musica dal 1971-'72, è da allora che vado in tour, che suono rock'n'roll. Ma dentro di me me ne frego, non ci penso mai. In Gran Bretagna l'atmosfera è molto diversa da, diciamo, l'Italia dove la gente apprezza e conosce i Clash. In Gran Bretagna si interessano solo all'ultima novità, non hanno prospettiva storica. Solo persone veramente fissate con la musica conoscono i Clash. La gente per strada non ne ha mai sentito parlare. Quindi è meglio sentirsi come tanti altri, io non voglio passare la mia vita a sentirmi come un leggenda, a quel punto ti rammollisce il cervello e alla fine marcisce. E non volgio pensare per nessuna ragione che avvenga. Sai che ti dico: preferisco essere niente, un cretino (in italiano, ndr).

Ti ricordi quando gli organizzatori dei concerti pensavano che i Clash fossero «troppo a sinistra», troppo politicizzati? Ma lo eravate davvero?

Prima di tutto noi siamo stati un gruppo rock'n'roll, in secondo luogo per fare rock'n'roll devi essere uno che si atteggia. Perché il rock'n'roll è fatto di glamour, flash dei fotografi, casino. Infine, nella giusta misura, i miei testi hanno anche un contenuto politico. Ma perché io sono fatto così. Altri autori possono parlare di storie d'amore. Io, no. Se mi siedo e decido di scrivere una canzone d'amore, al terzo verso già me la sto prendendo con il presidente degli Stati uniti. Non ci posso fare niente. Per me da una parte c'è il mondo della cosiddetta controcultura e dall'altra quello del potere. Mi chiedo sempre: dove andiamo a finire? Ovviamente non ho risposte perché sono un cretino ma almeno tento di farmi un'idea.

I Clash non possono passare di moda...

Fino a un certo punto, quanto pensi che si possa andare avanti con le royalties? Capitano anni buoni e altri tremendi. Guarda poi che dopo vent'anni gli introiti stanno diminuendo. Quando ho pubblicato Eartquake Weather, dieci anni fa (dodici per chi legge oggi, ndr) non ho venduto niente. A quel punto mi sono reso conto che avevo un problema serio.













“Rivolta bianca, voglio ribellarmi
Rivolta bianca, una rivolta tutta mia
I neri hanno un casino di problemi ma non ci pensano su due volte
prima di scagliare un mattone
I bianchi vanno a scuola dove insegnano come rincoglionirti
e tutti fanno esattamente quello che gli viene detto di fare
E nessuno vuole andare in galera…
Il potere è nelle mani di gente abbastanza ricca per comprarlo
mentre noi vaghiamo per le strade…
Stai prendendo il comando o stai prendendo ordini ?
Ti stai ritirando o stai avanzando ?”

da WHITE RIOT, Clash 1977



“Spero di andare in Paradiso nel 1977
perché ho preso il sussidio troppo a lungo
e proprio non riesco a lavorare
Attento straniero
Meglio mascherarsi
Niente Elvis, Beatles o Rolling Stones
Nel 1977”

da 1977, Clash

“Odio e guerra, le uniche cose che abbiamo oggi e non andranno via nemmeno se chiudo gli occhi
devi per forza trafficare con loro questa è la regola…
non sogno mica una vacanza quando odio e guerra mi circondano…
Se qualcuno mi esclude rispondo con la violenza, e se mi capita di essere aggredito
rispondo con i dovuti interessi. Ogni giorno è la solita storia con odio e guerra alle mie spalle”

da Hate and War , Clash 1977


"E voglio portare la città dai rockers di Clash City
Avete bisogno di una scossetta da quelli dell'elettrochoc
Meglio che lasciate la città se pensate solo a criticarci
Niente resiste alla pressione dei Rockers di Clash City

Vedete con che velocità scendono le scale mobili
Ascoltate adesso l'accelleratore della metropolitana
Capirete così che dovete avere uno scopo
Altrimenti questo posto prima o poi vi metterà fuori uso

Non lamentatevi allora del vostro inutile impiego
Mollatelo per sempre stanotte
O state zitti e fate finta che vi piaccia
Pensate a tutti i soldi che avete preso

E voglio liquefare tutti quelli inariditi
O connettermi alle antenne che si infilano nel cielo
O bruciare le periferie con gli occhi semichiusi
Non puoi farcela se non ci provi

Mi devi una mossa
Dicono le campane di San Groove
Dai fammi vedere
Dicono le campane del vecchio Bowie

Quando sarò più in forma
Dicono le campane di Gary Glitter
Nessuno tranne te e me
Dicono le campane di Prince Far - I

E voglio portare la città dai rockers di Clash City
Avete bisogno di una scossetta da quelli dell'elettrochoc
Meglio che lasciate la città se pensate solo a criticarci
Niente resiste alla pressione dei rockers di Clash City

Rock rock rockers di Clash City"

da Clash City Rockers, Clash 1977


"Gironzolando per la strada del mercato
Ho passato un bel po' di tempo in piedi
Poi ho visto passare alcuni scoppiati
E abbiamo scambiato due chiacchere
Io sapevo cantare
Capite
E loro sapevano come tirarsela
E uno di loro aveva una Les Paul
Aggeggio da infarto
Tutti voi giovani punks
Prendetela sul ridere
Perché non c'è molto da piangere
Voi tutte fighette
Vivetevela adesso
Perché non c'è molto per cui morire
Tutti vogliono scroccare
Un passaggio sull'ottovolante del rock'n'roll
E noi ci siamo buttati e
Il nostro nome era stampato piccolo sul manifesto
Naturalmente avevamo un manager
Anche se non è un mafioso
Un contratto è un contratto
Quando gli altri svoltano grazie a te
Tutti voi giovani punks
Prendetela sul ridere
Perché non c'è molto da piangere
Voi tutte fighette
Vivetevela adesso
Perché non c'è molto per cui morire
Devi sbatterti per lavorare
Sbatterti per dormire
Morto dal collo in su
Già a metà settimana
Di fronte a te il futuro luccica
Come fosse oro
Ma vi giuro che più si avvicina
Più sembra un pezzo di carbone
Ma è sempre meglio di certe fabbriche
Sono un posto dove non sprecare la tua giovinezza
Una volta ci ho lavorato per una settimana Fortunatamente mi hanno cacciato
Tutti voi giovani punks
Prendetela sul ridere
Perché non c'è molto da piangere
Voi tutte fighette
Vivetevela adesso
Perché non c'è molto per cui morire"

da All The Young Punks, Clash 1978



"Ci incontrammo ai tempi della scuola
Nessuno riusciva a fregarci, non eravamo fessi Il professore dice che siamo scemi
Ci stiamo solo divertendo
Sfottiamo chiunque
In classe
Quando ci hanno sbattuti fuori me ne sono andato senza troppo casino
E nei weekend andavamo a ballare
A Streatham in autobus
Mi facevi sempre ridere
E mi trascinavi in brutte risse
Facendomi giocare a biliardo tutta la notte Fumando mentolo
Mi esercitavo tutti i giorni nella mia stanza
E tu stavi al Crown a studiare la prossima mossa
Vai ad una festa movimentata
Fai a botte con il tipo sbagliato
E ognuno di voi si becca
Tre anni a Brixton Ho fatto del mio meglio per scrivere
Com'era Butlins?
I secondini erano troppo duri?
Quando tutti sarete fuori
Punteremo sulla città
Cazzo se la metteremo a ferro e fuoco Incenerita
Perché gli anni sono passati e le cose sono cambiate
Ed io vado dove mi pare
Non scorderò mai ciò che ho provato
Quando ho saputo che eri tornato a casa
E non dimenticherò mai il sorriso che avevo in faccia
Perché sapevo dove saresti finito
E se stasera sei al Crown
Bevine uno alla mia salute
Ma prendila comoda… Vacci piano
Resta Libero "

da STAY FREE, Clash 1978



"Londra chiama le città lontane
Ora che la guerra è dichiarata e la battaglia è in corso
Londra chiama il mondo sommerso
Fuori dal guscio, tutti voi ragazzi e ragazze

Londra chiama, adesso non badate a noi
La beatlemania fasulla ha morso la polvere
Londra chiama, guardate che non abbiamo swing Tranne il roteare di quel manganello
Sta arrivando l'era glaciale, il sole piomba giù Fusione in vista, il grano viene su male
Le macchine smettono di funzionare ma io non ho paura
Perché Londra sta annegando ed io vivo vicino al fiume
Londra chiama la zona d'imitazione
Scordatene fratello e fallo da solo
Londra chiama gli zombi della morte
Smettete di resistere e tirate un altro respiro Londra chiama ed io non voglio gridare
Ma mentre parlavamo ti ho visto distratto
Londra chiama, guardate non siamo schizzati Tranne quello con gli occhi giallastri
Sta arrivando l'era glaciale, il sole piomba giù
Le macchine smettono di funzionare, il grano viene su male
Un errore nucleare ma non ho paura
Perché Londra sta annegando ed io vivo vicino al fiume
Londra chiama, si c'ero anch'io
E sapete cosa dicevano….
Bene qualche cosa era vera!
Londra chiama mentre arriva l'ora decisiva
E dopo tutto questo, non potresti sorridermi?
Non mi sono mai sentito così …."

da LONDON CALLLING, Clash 1979





“… I buffoni che uccidono
gli uomini del denaro sporco di sangue
sparano di nuovo questi proiettili di Washington
come potrebbe dirti ogni prigione cilena
il pianto degli uomini torturati
ricordatevi di Allende e dei giorni precedenti
precedenti l’arrivo dell’esercito
ricordatevi, vi prego, di Victor Jara
nello stadio di Santiago
ancora quei proiettili di Washington ….”

da WASHINGTON BULLETS , Clash 1980



“Spetta a te non rispondere alla chiamata
spetta a te agire in maniera diversa da come ti hanno insegnato…
Per ogni morto c’è un fucile che spara”

da The Call Up, Clash 1980

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"Voglio arrivare ai ragazzi della scuola secondaria che non sanno ancora niente della vita, hanno gli scaffali pieni di dischi dei Kiss e simile robaccia, mi piacerebbe che potessero ascoltare anche la nostra musica."

Joe Strummer 1979


“Preferisco parlare con una persona ingenua che con una cinica. Perlomeno la prima può essere scossa”

Joe Strummer 1982

“...alla fine ho capito che la sola ribellione che conta è il non rinunciare. Avere la forza di resistere e dire:non siamo ancora morti. Se non hai più speranza, vai da qualche parte dove puoi ancora trovarne. C’è tanta speranza per il mondo quanta ne puoi trovare per te stesso”

Joe Strummer 1982


"Penso che il rock esista per comunicare una verità, deve essere ricordato continuamente, rock, hip hop qualsiasi sia il nome. Il messaggio è che è meglio essere vivi, e mille volte meglio che essere morti. Quindi ragazzi, rock`n`roll a tutti! "

Joe Strummer

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"Dormivo e ho sognato di un tempo lontano
Un esercito di ribelli danzava nell'aria
Sognavo mentre dormivo e potevo vedere i fuochi dell'accampamento
Un canto di battaglia nasceva fra le fiamme
Ed i ribelli ballavano un valzer
Ho ballato con una ragazza sull'aria di un valzer Scritto per essere danzato sul campo di battaglia Ho ballato seguendo la melodia di una voce di ragazza
Una voce che diceva
"Resistiamo finchè cadiamo
Noi resistiamo finchè un ragazzo sarà in piedi"
E mentre ballavamo arrivò la notizia
Che la guerra non era stata vinta
Cinque eserciti stavano arrivando
Armati di cannoni e fucili
Nel cuore dell'accampamento
La notizia dal fronte fece il giro del campo
Una nuvola oscurò la luna
Un bimbo pianse affamato
Sapevamo di non poter vincere la guerra
Così danzammo con il fucile al ritmo degli spari
In una radura fra gli alberi vidi la mia amata
Poi la terra sembro diventare rovente come il sole I soldati morivano e dai lamenti trapelava una melodia
Era una vecchia canzone ribelle
Mentre le nostre speranze andavano in fumo su quel campo
Tra luna ed alberi la vista mi giocò uno scherzo Dormivo mentre sognavo e vidi l'esercito sollevarsi Una voce cominciò ad esortare "Resistete fino alla morte"
Era un antico canto ribelle"

da Rebel Waltz, Clash 1980

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